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Il fascino della divisa

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Quando sono particolarmente pigra, non mi va di scarpinare lungo i tornanti del Comprensorio di San Giovanni e se ho abbastanza culo da trovarmi alla fermata all’ora giusta, prendo il piccolo autobus numero 12. L’autista del 12 è sempre uomo, di solito sulla cinquantina, la divisa azzurra dell’Azienda dei Trasporti che forma un mirabile contrasto con l’abbronzatura. Anche a dicembre. Accanto all’autista di norma è collocata una Donna, il più delle volte giovane e piacente, che sbatte le ciglia e tenta di non perdere fascino ed equilibrio mentre flirta con il conducente reggendosi agli appositi sostegni. Ora, c’è da dire che il Comprensorio non assomiglia neanche lontanamente al circuito di Le Mans e che il 12 ha l’attitudine sportiva di un cassonetto, ciononostante ce n’è comunque a sufficienza per divertirsi, shakerando i passeggeri con qualche frenata brusca. La Donna emette un risolino garrulo, impressionata. L’autista, compiaciuto di mostrare la propria forza, sorride da sotto gli occhiali a specchio, alludendo probabilmente alla propria padronanza di un altro mezzo, più intimo e segreto. Le vecchie che stanno andando in Distretto a farsi fare i prelievi, tentano di mantenere la stazione eretta puntellandosi con i bastoni mentre sgranano rosari di bestemmie. Io taccio. Troppo occupata a chiedermi se la Donna sia al corrente del fatto che ogni autista di lungo corso ha posizionato sotto le chiappe un cuscino a ciambella per alleviare il fastidio delle emorroidi. A me l’ha detto mio nonno, per quarant’anni conducente di corriere.

Siccome sono in ferie, questa settimana niente 12. 

In compenso ho ricevuto la visita di più di un venditore di energia elettrica, l’ultimo dei quali all’ora di pranzo. È partito subito malissimo, perché ha scampanellato insistentemente. Pur di farlo smettere, sono andata ad aprirgli. In mutande e canottiera. Con una birra in mano. Mi sono trovata di fronte una creatura di vent’anni tutto stretto nel suo completo elegante, cravatta compresa. Con sto caldo. Un po’ mi è dispiaciuto, perchè potrei scommettere che la ventiquattrore che si trascina dietro è bella pesante e che le scarpe di cuoio scuro gli fanno un gran male dopo tutto quel vagabondare alla ricerca di clienti, ma non l’ho lasciato neanche cominciare e, dopo averlo diffidato dal disturbarmi ancora, gli ho chiuso la porta in faccia. Poi ho raccattato le decolleteé a tacco alto che stazionano fuori dalla scarpiera da una settimana e sono andata a stendere il tubino nero appena lavato, ché lunedì si ricomincia a lavorare. Incerti del mestiere…

Eva